New York, 1958. Miriam “Midge” Maisel (Rachel Brosnahan) è una perfetta casalinga americana, appartenente alla nutrita comunità ebraica dell’Upper West Side di Manhattan. E’ anche la più agguerrita sostenitrice di suo marito Joel (Michael Zegen), che da anni tenta di affermarsi come comico. Ma dopo l’ennesima esibizione fallimentare di quest’ultimo, la sua vita apparentemente perfetta va in pezzi: Joel la lascia e lei ubriaca si ritrova per caso nello stesso locale dove suo marito non è mai riuscito a far presa sul pubblico. A sorpresa sarà Midge a mostrare un talento comico nascosto.
Quando Jeff Bezos, il patron di Amazon, decise di scontrarsi con il colosso Netflix non molti avrebbero creduto alla possibilità di vedere nel giro di pochi anni così tanti contenuti originali di alta qualità sulla piattaforma streaming dell’azienda di Seattle, tanto da far diventare gli Amazon Studios una presenza quasi costante ai Golden Globe o agli altri premi di categoria. Eppure i riconoscimenti sono arrivati fin da subito: serie come Transparent o Mozart in the Jungle sono ormai note a tutti coloro che cercano un intrattenimento di qualità, o, comunque, diverso dall’ennesima imitazione di show di successo come Narcos o il Trono di Spade.
Scritta benissimo e con una squadra d’attori affiatatissimi, The Marvelous Mrs. Maisel (già rinnovata per una seconda stagione) è una serie sofisticata e brillante, come non se ne vedevano da anni. Un giudizio che i giurati dei Golden Globe, i quali hanno assegnato due premi molto ambiti alla serie (miglior serie musicale o commedia e miglior attrice in una serie musicale o commedia), approverebbero al 100%. Ma come dare loro torto? La sceneggiatura non perde mai un colpo, con una ricchezza di battute che per arguzia e ironia potrebbe far invidia persino al Woody Allen dei tempi d’oro. E che dire del cast? La ventottenne Rachel Brosnahan, che qualcuno forse ricorderà in House of Cards, lascia letteralmente a bocca aperta per la naturalezza con cui si cala nella parte di questa giovane donna, che improvvisamente si rende conto che fare la moglie e la madre non è più sufficiente per realizzarsi nella vita. Costretta dagli eventi, scoprirà non solo di essere in grado di svolgere con passione il lavoro di commessa, ma anche di possedere un talento comico innato. Tutto questo nell’America di fine anni Cinquanta, quando le donne che si esibivano nei locali erano ancora autentiche mosche bianche. Una storia di emancipazione femminile, quindi, che solo un’altra donna (Amy Sherman-Palladino, nota in Italia per altre due serie: Pappa e Ciccia e Una mamma per amica) poteva descrivere così bene. E’ facile prevedere per Brosnahan un futuro da star, al pari di una Emma Stone o di una Jennifer Lawrence, tanto per citare due sue coetanee già entrate a far parte dell’Olimpo di Hollywood. Ma la serie non è solo Midge Maisel. Continuando con i personaggi femminili, oltre a Marin Hinkle molto brava a interpretare con ironia la classica madre vecchio stampo, preoccupata solo dei pettegolezzi dei vicini, ancora più brava è Alex Borstein nei panni di Susie Myerson, una donna sconfitta dalla vita che pensa di aver trovato in Midge, non solo un’amica sincera, ma anche un’autentica possibilità di riscatto. Potrà, poi, essere visto come uno stereotipo, ma con una donna al reparto creativo, è sembrato quasi scontato che sia toccata a un uomo la parte della persona mediocre. Una parte ingrata che Michael Zegen porta avanti con abnegazione e professionalità. Il suo Joel è l’incarnazione del maschio debole, che si rifugia nell’amante sciocca pur di ritrovare un po’ di quella autostima messa a dura prova da una vita perfetta che, inconsciamente, crede di non meritare. Un personaggio difficile, destinato a guadagnarsi l’antipatia del pubblico, che non può che far aumentare la considerazione per il lavoro di Zegen. Anche perché quando sulla scena ti capita una fuoriclasse come Brosnahan, fare di meglio è praticamente impossibile. E parlando di fuoriclasse, come non citare Tony Shalhoub e Kevin Pollak? Due nomi forse non così noti ai più (sebbene il primo possa già vantare un Golden Globe per Detective Monk), ma protagonisti assoluti dei momenti più spassosi della serie, perfetto alleggerimento per i passaggi più agrodolci della trama. Da notare, infine, la scelta azzeccata di ambientare la serie nella New York degli anni Cinquanta, il periodo probabilmente più spensierato per gli Stati Uniti, già celebrato in hit del passato come Happy Days, che sarebbe bruscamente terminato pochi anni dopo con l’assassinio di Kennedy e con il coinvolgimento americano nella guerra del Vietnam.
Cosa aggiungere di più? Se siete stufi delle solite sit-com e state cercando un divertimento intelligente, abbiate fiducia, questa è la serie che fa per voi.