New York, anni Settanta. A pochi passi da Times Square, sulla 42ª strada, nota a tutti come la “Deuce”, la vita dei fratelli Martino si intreccia con quella degli abituali frequentatori dei bar e dei sexy shop della zona. Tra questi c’è anche Eileen “Candy” Merrell, madre single costretta a prostituirsi per garantire al figlio una vita dignitosa. Ma la legalizzazione della pornografia è alle porte, e presto il successo clamoroso di “Gola profonda” avrebbe offerto alla piccola criminalità locale una nuova opportunità di business.

Nuova opera di David Simon, già autore dell’osannata The Wire, The Deuce è stata presentata come la serie che avrebbe raccontato l’ascesa dell’industria della pornografia nell’America degli anni Settanta. Una descrizione alquanto riduttiva, perché The Deuce si è rivelata essere molto di più. Così come in The Wire lo spaccio di droga rappresentava un mero pretesto da utilizzare per descrivere una realtà molto più ampia, anche in The Deuce il cinema a luci rosse è da considerare solo l’arrivo di un percorso più lungo, in cui a farla da padroni non sono, come ci si aspetterebbe, registi, attori e produttori, ma piuttosto prostitute, “papponi”, poliziotti frustrati e mafiosi di serie B. Quello che Simon e il suo abituale collaboratore George Pelecanos raccontano, sono strade affollate da un’umanità ai margini della società, dove non esiste una distinzione netta tra buoni e cattivi. Tutti convivono all’interno di uno squallido microcosmo, consapevoli del ruolo che occupano. E far affari con la criminalità, spesso rappresenta solo il modo più semplice di dare una svolta alla propria vita. Per una narrazione di così ampio respiro, sarebbe stato illogico concentrare l’attenzione degli spettatori sulle vicende di pochi personaggi. E così, per quanto James Franco e Maggie Gyllenhaal siano i volti più riconoscibili, sarebbe sbagliato indicarli come i protagonisti della serie. Si tratterebbe soprattutto di un torto verso i tanti altri personaggi tratteggiati dai due autori americani, attraverso una scrittura magistrale e senza sbavature, che esprime tutta la sua forza in lunghi dialoghi, spesso utilizzati per alleggerire la drammaticità degli eventi e per umanizzare figure di cui, altrimenti, sarebbe stato difficile raccontarne la quotidianità. Il folklore dei “papponi”, dipinti come dandy moderni, così come i siparietti offerti dal boss Rudy Pipilo, vengono sapientemente dosati in mezzo a momenti più crudi, dove la dura realtà dei protagonisti ci viene sbattuta in faccia senza tanti fronzoli. Anche il sesso è presente in buona parte degli episodi, ma mai in maniera troppo ostentata. E’ chiaro che con un soggetto di questo tipo, solo un cast di alto livello avrebbe potuto garantire la riuscita dell’intera operazione, e, sebbene The Deuce debba essere considerata una serie corale, non si possono non sottolineare le grandi performance offerte dai già citati James Franco e Maggie Gyllenhaal. Mentre Franco, anche nelle vesti di regista di un paio di episodi, si sdoppia interpretando due personaggi agli antipodi, i gemelli (realmente esistiti) Vincent e Frankie Martino (determinato e con la testa sulle spalle il primo, un simpatico cialtrone perennemente nei guai il secondo), ancora più brava è Maggie Gyllenhaal, che con la sua disincantata Candy, meriterebbe quantomeno una nomination ai prossimi Emmy. Da ricordare anche Michael Rispoli, il cui Rudy Pipilo, non sfigurerebbe in un duetto con Joe Pesci in un film di Scorsese, e la bella Margarita Levieva, molto credibile nelle vesti di una ricca ragazza newyorchese, ribelle e controcorrente. Menzione speciale, infine, per costumi e scenografie, che ricalcano alla perfezione lo stile e l’atmosfera della New York degli anni Settanta. The Deuce, già rinnovata per una seconda stagione, rappresenta l’ennesima dimostrazione di come l’emittente via cavo HBO abbia deciso di rimanere fedele a se stessa. Nell’era dello streaming alla portata di tutti, non si può non condividere la scelta di puntare tutto su prodotti che per qualità, originalità, e un’invidiabile voglia di osare meriterebbero la sala cinematografica ben più di tanti film prodotti negli ultimi anni dagli studios hollywoodiani.

 

 

 

 

 

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