Nazione: Stati Uniti
Anno: 2017
Episodi: 13
Piattaforma: Netflix
Creata da: Peter Morgan
Attori: Claire Foy, Matt Smith, Vanessa Kirby, Eileen Atkins, Jeremy Northam, Victoria Hamilton
Voto Filmantropo: 

 
 

 

Superati brillantemente i primi anni di regno, Elisabetta II si trova ora ad affrontare seri problemi internazionali, a seguito dell’inasprirsi della Guerra Fredda, ormai estesa anche alle ex colonie. Nello stesso tempo, non mancano problemi più familiari: le crisi coniugali, l’educazione dei figli, gli amori travagliati dei parenti più stretti. Gli anni Sessanta, inoltre, porteranno con sé cambiamenti radicali nella società civile, che costringeranno la Corona a decisi cambi di marcia, necessari a mantenere la famiglia reale al passo con i tempi.


Chi l’avrebbe mai detto che la vita di Elisabetta II e quella del suo consorte, il Principe Filippo, potessero essere così interessanti? La seconda stagione di The Crown si apre esattamente dove era finita la prima, con la crisi di Suez ormai alle porte, e Filippo lontano dalla corte, impegnato in un lungo viaggio di rappresentanza destinato a culminare con l’apertura dei giochi olimpici di Melbourne del 1956. Se nella stagione precedente la figura ingombrante di Churchill (uno smagliante John Lightow) aveva messo un po’ in ombra i due regnanti, in questi nuovi episodi la famiglia reale diventa protagonista assoluta della serie. Merito, innanzitutto, dei protagonisti: non solo i bravissimi Claire Foy (che si muove e si atteggia esattamente come l’Elisabetta reale) e Matt Smith (capace di rappresentare in maniera molto credibile il carattere impetuoso di Filippo), ma anche i moltissimi personaggi secondari, che, pur se apparenti figure di secondo piano, non vengono mai trattati in maniera superficiale. A cominciare dalla principessa Margaret (un’eccellente Vanessa Kirby), fino al più oscuro dei servitori. Etichettare gli attori scelti per interpretare queste parti, come dei semplici caratteristi, infatti, rappresenterebbe un torto verso degli autentici professionisti della recitazione, perfetti nel ritrarre l’ambiente di corte, con i suoi rituali, le cerimonie e il tipico snobismo dei frequentatori più assidui di Buckingham Palace. Ma The Crown non sarebbe la bellissima serie che conosciamo senza il fondamentale apporto del suo creatore, l’inglese Peter Morgan (che già aveva avuto a che fare con Elisabetta II lavorando alla sceneggiatura di The Queen di Stephen Frears). In mani sbagliate la serie poteva diventare un banale sceneggiato televisivo, interessato a mostrare solo gli aspetti più frivoli, o, persino, pruriginosi della monarchia. Morgan, invece, riesce ad amalgamare perfettamente momenti storici fondamentali per la Gran Bretagna a passaggi più intimi della famiglia reale, senza timore di evidenziarne gli aspetti più discutibili (come le simpatie naziste dello zio Edward, che abdicò in favore del padre di Elisabetta per sposare l’americana Wallis Simpson), evitando di tralasciare situazioni apparentemente di poco conto, ma nella realtà decisivi a definire l’impronta della Corona nella società britannica dell’epoca. Risulta, quindi, normale che uno degli episodi più riusciti sia quello con protagonista l’anonimo Lord Altrincham, un piccolo editore che riuscì a convincere Elisabetta a introdurre alcune innovazioni a corte come il discorso natalizio in televisione o l’apertura del Ballo delle Debuttanti a cittadini selezionati della middle class. Ad aiutare Morgan, solidi professionisti della regia, tra i quali un superbo Stephen Daldry, bravi a esaltare l’ammirazione della produzione verso la regina, ritratta non come l’altera personificazione di un’istituzione obsoleta, ma piuttosto come una persona comune, costretta a mostrarsi al pubblico sempre decisa e determinata, eppure sempre timorosa di essere inadeguata a ricoprire quel ruolo (emblematico a questo proposito l’episodio in cui compare la carismatica Jackie Kennedy), o afflitta da paure tipiche di ogni donna (come i presunti tradimenti di Filippo per esempio). Nello stesso tempo, però, non mancano di essere sottolineate le reali capacità di Elisabetta, abile a gettarsi nell’agone geopolitico a dispetto dell’inesperienza che gli viene continuamente rimproverata dai suoi Primi Ministri (sempre dipinti come freddi professionisti della politica, o veri e propri arrivisti capaci di mandare il Paese in guerra per puri interessi personali). Occorrerebbe conoscere meglio la storia inglese per capire quanto sia veritiero il quadro offerto da Morgan e soci. L’unica cosa certa è che una narrazione così appassionante non lascia spazio a inutili discussioni sulla predominanza o meno delle parti romanzate rispetto a quelle più fedeli alle vicende reali, e, soprattutto, non aiuta di sicuro a rendere meno estenuante l’attesa per la stagione successiva.

 


 

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