Un agente della CIA (John David Washington) viene arruolato da un’organizzazione segreta per tentare di sventare l’inizio della Terza Guerra Mondiale. Un conflitto devastante che vedrebbe scontrarsi non potenze rivali, ma l’umanità del presente e quella del futuro

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2020
Genere: Azione, thriller
Regista: Christopher Nolan
Durata: 150 min
Attori: John David Washington, Robert Pattinson, Elizabeth Debicki, Dimple Kapadia, Michael Caine, Kenneth Branagh, Martin Donovan

Innanzitutto, una premessa: rispettosi dell’estremo riserbo sulla trama con cui Christopher Nolan è solito promuovere le sue opere, abbiamo pensato che, per una volta, sarebbe stato meglio evitare le poche righe di riassunto con cui iniziamo sempre le nostre analisi. Tuttavia, alla fine ci siamo resi conto che la complessità del film è tale, da rendere il rischio spoiler praticamente pari a zero. In realtà, anche un’introduzione di questo tipo potrebbe scoraggiare alla visione di Tenet, primo evento cinematografico post Covid e speranza del cinema internazionale per una ripartenza in piena regola, dopo il collasso totale innescato dalla pandemia, ma, detto tra noi, esiste davvero la possibilità che il pubblico si attenda chiarezza e linearità dalla pellicola del regista londinese, considerando che il tema di fondo è ancora una volta il tempo (o meglio, i suoi paradossi) come già in Inception, Interstellar e, per certi versi, anche in Dunkirk? A essere sinceri, ci viene anche il dubbio che Nolan, questa volta, abbia sfruttato tale discutibile aspettativa nei suoi confronti, per essere libero di lanciarsi in esperimenti visuali mai tentati in precedenza, fiducioso che grazie alla sua fama di autore cervellotico gli sarebbero stati perdonati buchi di sceneggiatura e difetti narrativi. Intendiamoci, l’autore di Memento è un grandissimo regista e uno scrittore dotato di una notevole creatività, capacità confermate ampiamente anche in questo film. Ciò nonostante, pur ammettendo di aver trovato estremamente affascinante il modo in cui Nolan è riuscito a elaborare un gigantesco palindromo per immagini, giocando ingegnosamente con il misterioso Quadrato del Sator (un’iscrizione latina visibile su diversi monumenti antichi, composta dalle parole Sator, Arepo, Tenet, Opera e Rotas, che, in qualche modo, ricorrono tutte nel corso della pellicola), bisogna dire che non tutto ha funzionato per il meglio. A differenza di Inception, per esempio, dove il livello di complessità della vicenda era già piuttosto elevato, ma i punti oscuri della trama erano stati tutto sommato ridotti al minimo, qui si fa spesso fatica a comprendere quello che si sta vedendo, pur con tutte le spiegazioni, più o meno corrette dal punto di vista scientifico, con cui sono stati infarciti i dialoghi dei personaggi. Emblematica, in proposito, la lunga battaglia finale, dove in alcuni tratti non si capisce chi sta facendo cosa. Forse il disorientamento del pubblico era proprio nelle intenzioni del regista, ma è difficile pensare che una sensazione del genere possa essere considerata una qualità del film (di fatto concepito per essere solo un’opera di intrattenimento). Inoltre, difetto ancora meno giustificabile, diverse parti della pellicola ricordano un po’ troppo passaggi analoghi di altre sue opere. Infatti, adrenalinica scena iniziale a parte (comunque girata in maniera magistrale), diventata, ormai, quasi un marchio di fabbrica del suo cinema, l’utilizzo di soluzioni narrative già impiegate (e meglio!) nella trilogia di Batman e in Inception suona quasi come un controsenso ripensando a tutte le idee originali che Nolan ha sfornato a ripetizione in passato. Tra l’altro, una volta capito (si fa per dire, ovviamente) come funziona la fantomatica “inversione entropica”, anche alcuni teorici colpi di scena nelle fasi conclusive del film diventano piuttosto prevedibili. Infine, evidentemente consapevole di dover concedere più spazio all’azione, per bilanciare le parti necessariamente didascaliche della vicenda, l’autore britannico sacrifica in maniera importante la caratterizzazione dei personaggi, della maggior parte dei quali non viene rivelato nulla (del protagonista non si conosce neppure il nome!), con la conseguenza di vedere ridotte al lumicino le probabilità che tra essi e il pubblico possa nascere un forte legame emozionale. Per lo stesso motivo, risulta altrettanto complicato giudicare la performance del cast, nel quale, a nostro avviso, solo il villain interpretato da Kenneth Branagh mostra quella tridimensionalità che sarebbe stato lecito aspettarsi anche negli altri personaggi principali. Il talento di John David Washington e di Robert Pattinson è percepibile, ma per valutarne le reali qualità attoriali sarebbe meglio non considerare Tenet uno dei loro lavori di riferimento.

In conclusione, non possiamo dire di essere rimasti delusi, anzi. Le soluzioni visive sono spesso di grande impatto, il ritmo non cala quasi mai e alcune scene sono da antologia (oltre a quella iniziale, già menzionata, ci piace ricordare anche la spettacolare sequenza in aeroporto), ma, alla fine della proiezione, quando negli occhi degli spettatori è leggibile un evidente smarrimento, e una parziale insoddisfazione, allora è chiaro che un film mainstream come questo non ha assolto il suo compito principale, che è quello di saper appassionare senza ingenerare troppi grattacapi.

VOTO FILMANTROPO


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