Dopo l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, Ernest Krause (Tom Hanks) viene messo al comando del cacciatorpediniere Greyhound, con l’incarico di scortare un convoglio di navi mercantili, necessarie a sostenere gli alleati europei. Durante il viaggio attraverso l’Oceano Atlantico, tuttavia, le imbarcazioni dovranno resistere all’attacco degli U-Boot tedeschi.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2020
Piattaforma: AppleTv+
Genere: Drammatico, guerra, azione
Regista: Aaron Schneider
Durata: 91 min
Attori: Tom Hanks, Stephen Graham, Rob Morgan, Elisabeth Shue, Manuel Garcia-Rulfo

 A differenza di altri suoi colleghi, che continuano a pensare di essere dei bravi registi oltre che dei grandi attori, Tom Hanks alla fine si è arreso ai giudizi della critica (spesso impietosi, ma sostanzialmente giusti) e invece che essere ancora lui a mettere in scena una sua sceneggiatura (lo aveva fatto nei modesti Music Graffiti e Larry Crowne), questa volta ha deciso di affidarsi al talentuoso Aaron Schneider, tornato per l’occasione dietro la macchina da presa, dopo ben undici anni dall’unico altro lungometraggio della sua carriera (il notevole The Funeral Party). Una scelta rischiosa, ma molto saggia, perché oltre a permetterci di capire che l’Hanks sceneggiatore è molto più bravo dell’Hanks regista, proprio la direzione di Schneider si è dimostrata, alla fine, il vero valore aggiunto della pellicola. Il filmmaker dell’Illinois, infatti, che non è parso risentire minimamente del lungo periodo di inattività, trasforma quella che poteva essere solo un’ennesima ricostruzione della Battaglia dell’Atlantico in una sorta di thriller bellico dal ritmo serratissimo e ansiogeno, tanto che i 90 minuti di lunghezza del film sembrano durare un’eternità (gli unici momenti in cui lo spettatore riesce a respirare sono i pochi secondi in cui sullo schermo appaiono le didascalie necessarie a fissare lo scorrere del tempo). Inoltre, per accrescere ulteriormente la tensione, i sommergibili del nemico vengono mostrati solo per qualche istante, facendoli sembrare in questo modo ancora più micidiali di quanto già non lo fossero nella realtà (e non è un caso che dei comandanti nazisti si senta solo qualche spavaldo messaggio vocale, un’arma psicologica così efficace da far percepire il senso di minaccia incombente persino negli spettatori). In molti avranno certamente notato un parallelismo con il cinema americano degli anni Settanta e Ottanta, nel quale, per alzare il livello di suspense, si usavano spesso escamotage di questo tipo: si pensi, per esempio, a Duel di Steven Spielberg, dove l’avversario del protagonista non si vede mai (trucco che il regista di E.T. perfezionò nel successivo Lo squalo, in cui il vorace animale compare solo nel finale). Schneider ha probabilmente voluto omaggiare quel periodo tanto celebrato di Hollywood, quando i registi sapevano intrattenere il pubblico grazie alle proprie capacità, e non per mezzo di qualche espediente tecnico. Proprio per questo, ci sentiamo di dissentire con alcuni critici, che hanno avuto da ridire sulla mediocre CGI del film: per tutta la durata della pellicola, infatti, non si nota mai una ricerca della spettacolarizzazione fine a sé stessa. Le esplosioni ci sono (come potrebbe essere altrimenti!), ma i combattimenti sono ridotti all’essenziale, come è giusto che sia in un’opera che preferisce concentrarsi sulle angosce e sulle paure dell’equipaggio, rendendole così credibili da riuscire a coinvolgere gli spettatori dall’inizio alla fine. Comunque, meriti della regia a parte, è bene tenere in considerazione anche la prova di Hanks, perché è innegabile che l’attore californiano non si sia limitato a fare da semplice comparsa per invogliare il pubblico a guardare il film, ma abbia, invece, sfoderato un’altra performance delle sue: sempre più a suo agio a vestire i panni di “eroi” anonimi, interessati solo a fare il proprio lavoro nel migliore nei modi, senza clamori o inutili celebrazioni, Hanks è magistrale soprattutto nel rendere palpabile la paura e l’insicurezza di questo comandante alla sua prima, vera missione di un certo livello. E non vanno dimenticati neppure gli altri membri del cast, capaci di dare vita a personaggi memorabili, nonostante le poche battute concesse loro dalla sceneggiatura. Come non menzionare, per esempio, il cameriere afroamericano così attento alla salute del suo comandante, o il giovane e inesperto addetto al sonar, rammaricato di non conoscere i trucchi dei sommergibili tedeschi? Insomma, è l’umanità dei militari a emergere, non la retorica patriottica o le spacconerie tipiche di molte produzioni d’oltreoceano di ambientazione bellica. Un ulteriore elemento che conferma la ricerca della qualità da parte degli autori e che ha determinato lo sforzo con cui il buon Tom e i boss della Sony Pictures hanno provato fino all’ultimo a far arrivare la pellicola in sala. Tuttavia, la disastrosa gestione del Covid-19 negli USA e i continui rinvii che ne sono seguiti, li ha inevitabilmente costretti a cedere l’esclusiva di Greyhound ad Apple, sempre alla spasmodica ricerca di opere utili a promuovere la sua ancora poco attraente piattaforma streaming (è vero che da un po’ di tempo circola in rete il teaser trailer di Foundation, megaproduzione dell’azienda di Cupertino, ma la sua reale data di rilascio è ancora avvolta nella nebbia). A ogni modo, se, come sembra, il film ha fatto registrare nel suo weekend di apertura il record di visualizzazioni di Apple TV+, allora, nonostante i 70 milioni di dollari sborsati dal colosso californiano per vincere la concorrenza (a fronte dei circa 50 spesi dai produttori per realizzare la pellicola) l’operazione, alla fine, potrebbe anche rivelarsi un successo. Prima di tutto per Hanks, che in questo modo ha evitato l’oblio a un’opera a cui teneva in modo particolare, ma soprattutto per Apple, finalmente riuscita a mettere a catalogo un prodotto capace di incentivare il passaparola tra i propri utenti. Tra l’altro, anche chi si è definitivamente convertito all’home entertainment dovrebbe essere contento di questo risultato perché, dopo la cocente delusione di Artemis Fowl e la lista infinita di insipide commedie all’italiana propinateci dalle varie piattaforme online, sembrava che lo streaming fosse diventato il rifugio di pellicole di qualità medio-bassa, che anche senza la pandemia avrebbero fatto fatica ad affermarsi in sala. Greyhound, invece, è il primo film di un certo spessore a infrangere questa regola e, sebbene, per ora, le major preferiscano continuare a rinviare a tempi migliori i potenziali blockbuster del loro listino, se coraggiosi tentativi come l’uscita di Tenet al cinema alla fine di agosto, non raggiungeranno i risultati sperati, crediamo che, dopo l’estate, ci dovremo abituare sempre di più a vedere altre pellicole di questo tipo arrivare direttamente sul piccolo schermo.

VOTO FILMANTROPO

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