A causa di un incidente d’auto, Jennifer Walters (Tatiana Maslany) entra in contatto con il sangue di suo cugino Bruce Banner (Mark Ruffalo), trasformandosi nella versione femminile di Hulk. La giovane, tuttavia, non sembra interessata a intraprendere l’attività di supereroina, ma, piuttosto, ad affermarsi come avvocato.   

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2022
Genere: Commedia, fantascienza, supereroi
Piattaforma: Disney+
Episodi: 9
Ideatore: Jessica Gao
Attori: Tatiana Maslany, Jameela Jamil, Mark Ruffalo, Tim Roth, Benedict Wong, Charlie Cox

Con l’arrivo in streaming di She-Hulk: Attorney at Law è venuto il momento di fare qualche considerazione di carattere generale sulla serialità televisiva dei Marvel Studios, essendo sempre più evidente come, dopo un promettente avvio, la qualità dei prodotti MCU destinati a Disney+ si sia progressivamente appiattita su un livello ben lontano da quello dei lungometraggi per il grande schermo. E benché tutti sperino che il fondo sia già stato toccato con Moon Knight, le due serie successive – Miss Marvel e appunto questa dedicata alla Gigantessa di Giada – non sono parse capaci, per larghi tratti, di prendere una direzione diversa.

E dire che in She-Hulk le guest star di peso non sono certo mancate (Hulk, naturalmente, ma anche Abominio, Wong e Daredevil), così come le citazioni fumettistiche, che si sono manifestate non tanto con l’esordio in live action di nuovi personaggi (su tutti Titania, Skaar e la Squadra di Demolizione) – ormai una costante di ogni produzione Marvel – o riprendendo gli scenari di note avventure dell’eroina, bensì dall’evidente omaggio al linguaggio meta-testuale impiegato da John Byrne in quello che viene unanimemente considerato il ciclo di storie più importante della cugina di Bruce Banner. Tutti elementi che, però, invece di rappresentare un appetitoso contorno a qualcosa di ben più sostanzioso, finiscono per diventare quasi l’unica ragion d’essere della serie.  Un problema che – come detto – ha riguardato (pur se in misura minore) anche Miss Marvel, che con She-Hulk condivide un inizio scoppiettante e l’apparente voglia di esplorare nuove strade stilistiche, per poi arenarsi, all’opposto, in una messa in scena e uno storytelling troppo convenzionali, non così lontani da ciò che aveva contraddistinto le bistrattate Agents of S.H.I.E.L.D. e Agent Carter, le quali, quantomeno, non ambivano a competere con le produzioni di alto livello di HBO o con le hit di Netflix e Prime Video (contrariamente a quella che, invece, sembrava essere l’intenzione originale dei Marvel Studios). A onor del vero, la qualità di entrambe le serie si risolleva di parecchio negli episodi finali, facendo, però, emergere prepotentemente una pecca intravista un po’ in tutti i prodotti per la TV targati MCU e finora trascurata perché messa in secondo piano o da ottime prove attoriali (vedi Occhio di Falco) o dalla creatività degli autori (vedi WandaVision). Sia Miss Marvel che She-Hulk, infatti, sono caratterizzate da una parte centrale fiacca e banale, che fa supporre a un soggetto elaborato inizialmente per un lungometraggio o per una serie di durata inferiore, poi stiracchiato all’inverosimile per arrivare a un numero di puntate tale da garantire la tanto agognata fidelizzazione del pubblico. Non è un caso se, fino a questo momento, il risultato migliore ottenuto dai Marvel Studios per Disney+ sia il recentissimo Licantropus, la cui brevità (un semplice mediometraggio di poco più di 50 minuti) ha aiutato il regista Michael Giacchino a evitare che la sua gustosa rievocazione degli horror degli anni Trenta e Quaranta si trasformasse in uno stucchevole e ripetitivo esercizio di stile. Il vero rammarico, in effetti, è pensare a quanto apparirebbe più interessante She-Hulk se potessimo trascurare gli episodi centrali (dal quarto al sesto per intenderci, sommando pure buona parte del terzo), i quali non solo risultano del tutto inutili all’economia della serie (che sembra quasi tramutarsi in una brutta parodia di Ally McBeal), ma sono anche scritti con poca verve e convinzione, tanto che numerosi passaggi stimolano più sbadigli che sorrisi. Aggiungiamo, poi, una CGI alquanto zoppicante e troppi comprimari di basso spessore, in particolare la già citata Titania, che, se voleva essere un modo per prendere di mira lo strapotere mediatico esercitato dagli influencer nella nostra società, ha malamente mancato il bersaglio.

Peccato, perché Tatiana Maslany si è dimostrata un’ottima Jennifer Walters, soprattutto nel saper rappresentare la sua comprensibile frustrazione nel non venir mai presa in considerazione, una volta svestiti gli abiti del suo alter-ego verde, oppure perché il folle e divertente episodio finale e quello con Daredevil avrebbero meritato una cornice di ben altro tipo.

Forse lo ha capito pure Kevin Feige, che – con molta autoironia – proprio nell’ultimo episodio è sembrato voler fare ammenda su alcune scelte sbagliate che hanno parzialmente compromesso il credito accumulato dai Marvel Studios con l’Infinity Saga.

Speriamo che sia davvero così, perché altrimenti anche il promettentissimo trailer di Secret Invasion si rivelerà poco più che un semplice specchietto per le allodole.

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