Con l’erba a forma di cuore ormai perduta, re T’Challa (Chadwick Boseman) muore a causa di una grave malattia, lasciando il Wakanda in balia delle potenze straniere, interessate a impossessarsi dei suoi giacimenti di vibranio. Nel frattempo, tracce del prezioso metallo vengono trovate anche sul fondale oceanico, un evento che provocherà la comparsa di una civiltà sottomarina sconosciuta, pronta a scontrarsi con il mondo di superficie.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2022
Genere: Azione, avventura, fantastico
Regista: Ryan Coogler
Durata: 161 min
Attori: Letitia Wright, Lupita Nyong’o, Danai Gurira, Winston Duke, Dominique Thorne, Florence Kasumba, Michaela Coel

Orgogliosamente etnico, fieramente anticolonialista, coraggiosamente antimperialista, il sequel di Black Panther è un film totalmente diverso da quello che i trailer avevano lasciato intendere. Certo, l’esaltazione dell’”africanità” e la celebrazione della black culture erano elementi già presenti nel primo capitolo, ma per non correre il rischio di confondere una platea ancora impreparata a esperimenti cinematografici fortemente identitari e piuttosto distanti da ciò che fino ad Avengers: Endgame sembrava essere il paradigma inviolabile del Marvel Cinematic Universe, questi ci erano stati mostrati con un’energia e un’intensità indubbiamente inferiori rispetto a Wakanda Forever. È pur vero, però, che la cosiddetta Fase Quattro del MCU – di cui questa pellicola rappresenta la conclusione – è parsa, per larghi tratti, un’esternazione del desiderio di Kevin Feige di avventurarsi verso nuovi territori, non l’iterazione infinita di un format di successo. E benché il risultato si sia rivelato spesso sotto le attese (in particolare per quanto riguarda le serie prodotte per Disney +), il tentativo dei Marvel Studios di esplorare percorsi visivi e narrativi mai utilizzati in precedenza è qualcosa che andrebbe apprezzato a prescindere, anche da parte degli spettatori meno esigenti.

Lo stesso Wakanda Forever non è un film privo di difetti, sebbene molti di questi siano da ricondurre più ai limiti registici di Ryan Coogler (limiti che, d’altro canto, avevano già penalizzato il lungometraggio capostipite) che a scelte discutibili incentivate dalla produzione. Ci riferiamo principalmente alla sua evidente difficoltà a girare le scene d’azione, che appaiono ancora una volta confuse, scarsamente coinvolgenti, addirittura superflue in alcuni passaggi, oltreché afflitte da una CGI inspiegabilmente mediocre. Lacune che non risparmiano neppure la sceneggiatura, la quale benché riesca a far convivere efficacemente gli aspetti della vicenda meramente supereroistici con i temi politici e sociali citati all’inizio, semplifica un po’ troppo la nascita di Atlantide (pardon, Talokan) e omaggia in maniera piuttosto maldestra il ciclo di Black Panther scritto da Ta-Nehisi Coates (forse il più bello in assoluto dedicato al personaggio e comunque non inferiore a quello di Don McGregor, che aveva ispirato il primo film). Non che l’aver trasferito su pellicola le suggestioni e le atmosfere con cui il noto giornalista/scrittore afroamericano ha caratterizzato il fumetto sia in sé un errore. È, tuttavia, nostra ferma convinzione che sarebbe bastato limitarsi a questo per far contenti gli appassionati, senza dover necessariamente tirare in ballo gli Angeli di Mezzanotte e altri inutili riferimenti a quelle storie. È vero che – a dar retta ad alcuni leak spuntati negli ultimi giorni – I Marvel Studios sembrerebbero intenzionati a dedicare proprio agli Angeli di Mezzanotte una serie su Disney + e, quindi, che Coogler e il suo co-sceneggiatore Joe Robert Cole siano stati in qualche modo costretti a trovare degli escamotage narrativi per giustificarne la presenza. Ma, se così fosse, questo rappresenterebbe un ulteriore motivo di critica, non una scusante (considerando il grande lavoro di pianificazione dietro ogni lungometraggio del MCU, è difficile pensare che non fosse possibile fare di meglio). Detto ciò, dobbiamo, però, rendere merito al filmmaker americano di essere riuscito a gestire molto bene l’enorme perdita di Chadwick Boseman, tanto da far diventare l’elaborazione del lutto per la morte di T’Challa (che – nonostante l’inopportuna scena extra dei titoli di coda – trova il suo climax nel delicato e struggente finale) uno dei temi portanti e più convincenti della pellicola. Del tutto condivisibile, inoltre, la decisione di ridimensionare i passaggi umoristici, che nel primo capitolo erano risultati totalmente fuori sintonia con il clima generale del film. Poi, merita un plauso anche il modo in cui si è scelto di caratterizzare il popolo sottomarino e l’ambiente oceanico nel suo complesso, che con i suoi colori bui e spenti, i suoni soffusi e le forme rarefatte è sembrato molto più vicino agli abissi marini del luna park kitsch e fracassone messo in scena nell’Aquaman della DC/Warner.

Sul fronte attoriale, invece, pur sottolineando il piacere che proviamo a ogni apparizione di Angela Bassett, crediamo che sia Letitia Wright quella realmente da elogiare, essendole toccato l’onere (per non dire l’improbo compito) di sostituire Boseman come protagonista. Aiutata in parte da una trama che lascia largo spazio ai comprimari, la giovane attrice britannica fa, però, immediatamente capire di non temere la luce dei riflettori, con una recitazione che aumenta di intensità di pari passo con la crescita del suo personaggio all’interno della vicenda.

Bene anche Danai Gurira e Lupita Nyong’o, così come il messicano Tenoch Huerta, che, sebbene abbia fatto indispettire molti fan hardcore, ci ha, in verità, mostrato un Namor (o meglio Namòr come dovremo pronunciarlo d’ora in poi) con la giusta dose di fierezza e carisma.

Troppo presto, al contrario, per giudicare la prova di Dominique Thorne nei panni di Riri Williams (alias Ironheart). La quasi esordiente attrice newyorkese si limita a eseguire con diligenza il ruolo di personaggio di contorno, in attesa di rivederla come protagonista della sua serie personale, in arrivo nel 2023.

Wakanda Forever sta andando molto bene al botteghino e già si parla di parecchie nomination agli Oscar, tanto da spingere Coogler e Feige a ragionare seriamente sulla possibilità di un ulteriore sequel. Non sappiamo se questo alla fine verrà realizzato, ma se così dovesse essere, siamo sicuri che autori e produzione non perderanno l’occasione di raffigurare di nuovo il mondo di Black Panther come un luogo dove sia ammissibile affrontare tematiche parzialmente slegate dal resto del MCU.

Forse a scapito del puro intrattenimento. Ma, certamente, a favore di una maggiore qualità.

VOTO FILMANTROPO:


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