Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, l’addetto agli scavi Basil Brown (Ralph Fiennes) viene incaricato dalla vedova Edith Pretty (Carey Mulligan) di scoprire cosa si nasconde sotto gli antichi tumuli del suo terreno. Brown, all’inizio esitante, presto si renderà conto che uno di essi contiene i resti di un’antica nave anglosassone.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2021
Genere: Drammatico, sentimentale
Regista: Simon Stone
Durata: 112 min
Attori: Carey Mulligan, Ralph Fiennes, Lily James, Johnny Flynn
Piattaforma: Netflix

Sarà che le produzioni inglesi che arrivano da noi sono solo quelle meritevoli di essere esportate, ma per quanto sembrino tutte somigliarsi tra loro, sono davvero poche quelle che non valgono una visione o un’analisi critica più approfondita. Un’affermazione ancora più vera per La nave sepolta, film tratto dal romanzo di John Preston The Dig (che è anche il titolo originale del lungometraggio), che Netflix ha reso disponibile in streaming alla fine di gennaio. Ciò nonostante, l’impressione è che, dopo una partenza più che promettente con un alto numero di visualizzazioni, la pellicola sia stata presto trascurata dagli utenti della piattaforma, probabilmente perché attratti da prodotti sulla carta più accattivanti. L’opera seconda di Simon Stone, invece, è una delle cose migliori apparse sugli schermi domestici in questi primi mesi del 2021. Merito innanzitutto del filmmaker australiano che, per raccontare la storia dell’eccezionale ritrovamento archeologico di Sutton Hoo, sceglie una direzione sobria e dai tempi dilatati, in modo da lasciare al pubblico la possibilità di assaporare la vicenda con la giusta gradualità, e consentire agli attori di mettere in mostra le proprie capacità. In più, grazie a un impianto decisamente classico, La nave sepolta è una pellicola che riesce a coinvolgere e a emozionare, senza la necessità di ricorrere a eccessi melodrammatici. Stupisce, tuttavia, che il regista di un film con queste caratteristiche sia un uomo di soli trentasei anni, anche se Stone (non proprio uno stakanovista della macchina da presa, visto che  The Daughter, il suo esordio nella Settima Arte, risale al 2015) è da tempo uno dei talenti riconosciuti del teatro australiano, da cui ha, evidentemente, ereditato la capacità di saper tenere sullo sfondo una vicenda più grande, per mettere in risalto le trame secondarie, e l’attenzione verso la qualità della recitazione. Oltretutto, l’altissimo livello di quest’ultima, si conferma una costante positiva del cinema britannico, e non deriva semplicemente dalla presenza di un attore del calibro di Ralph Fiennes, ma, piuttosto, dalla grande prova corale del cast nel suo insieme. Un giudizio che non deve essere inteso come un tentativo di ridimensionare la performance del grande interprete shakespeariano, bensì come il giusto riconoscimento per coloro che sono riusciti a valorizzare anche gli altri personaggi. Carey Mulligan, per esempio, ci offre forse la migliore prova attoriale della sua carriera (in attesa di vederla in Una donna promettente, pellicola per la quale è stata candidata sia ai Golden Globe che agli Oscar, ma che – causa pandemia – è ancora senza una data di programmazione in Italia): nonostante la sua età anagrafica la rendesse teoricamente inadeguata a prestare il volto a una vedova di cinquant’anni (la parte, in origine, era stata, infatti, proposta a Nicole Kidman) l’attrice londinese si cala perfettamente nel personaggio, di cui riesce a rappresentare al meglio la fierezza e la forza morale. Merita una citazione anche l’emergente Lily James, che, dopo essersi fatta notare in Downton Abbey, si sta rapidamente affermando come una delle interpreti più promettenti del cinema d’oltremanica. Ma tornando a Fiennes, vederlo negli ultimi tempi vestire i panni di character fortemente carismatici in vari blockbuster hollywoodiani (Harry Potter, 007 e, prossimamente, il prequel di The King’s Man), ci aveva quasi fatto dimenticare la sua grande abilità nel saper dare vita a personaggi di ogni tipo, dal crudele Amon Göth in Schindler’s List, al fascinoso conte Almásy ne Il paziente inglese, fino al modesto addetto agli scavi Basil Brown di questo film, risultando sempre credibile, senza la minima sbavatura, segno evidente di una recitazione camaleontica, perfettamente adattabile a ogni contesto.

A ogni modo, attori a parte, ad aumentare il valore del film contribuisce anche l’efficace sceneggiatura di Moira Buffini, capace di far emergere nella sua interezza il messaggio alla base del romanzo originale: non la semplice rievocazione di una scoperta archeologica straordinaria, ma un elogio dell’umiltà e della dedizione disinteressata. Due qualità intrinseche al protagonista, ulteriormente messe in risalto dall’ottima interpretazione di Fiennes. 

Considerando le poche uscite degne di nota dell’anno passato, La nave sepolta non avrebbe di sicuro sfigurato nell’imminente corsa agli Oscar. Stranamente, però, Netflix sembra aver creduto poco nella pellicola, decidendo di programmare la sua uscita nei cinema solo il 15 gennaio (escludendola, di fatto, dalla competizione), per puntare tutto su Mank, che effettivamente ha ricevuto una pioggia di nomination, ma che rischia di rimanere a bocca asciutta come ai Golden Globe qualche settimana fa.

VOTO FILMANTROPO

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