Nazione: Stati Uniti
Anno: 2019
Durata: 122 min
Genere: Drammatico, storico
Regia: Michael Engler
Attori: Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Raquel Cassidy, Brendan Coyle, Michelle Dockery
Voto Filmantropo:
Nel 1927, durante il loro viaggio nello Yorkshire, i reali d’Inghilterra decidono di trascorrere una notte a Downton Abbey. La notizia viene accolta in maniera diversa sia dai membri della famiglia Crawley, che dalla servitù. Un sentimento condiviso anche a corte, dove c’è chi vorrebbe evitare di soggiornare presso la dimora dei Grantham.
Già pochi mesi dopo dopo la messa in onda sul canale inglese ITV dell’ultimo episodio della stagione finale di Downton Abbey, si cominciò a parlare di un film che proseguisse le vicende della famiglia Crawley e dei tantissimi personaggi che ruotavano attorno ad essa, finché, in un’intervista rilasciata all’inizio del 2017, Julian Fellowes, il creatore della serie, confermò di essere effettivamente al lavoro sulla sceneggiatura della pellicola. La notizia fu accolta con entusiasmo anche in Italia, dove lo show si era ritagliato un pubblico numeroso, che aspettava solo di potersi immergere nuovamente nell’Inghilterra dei primi del Novecento, un periodo storico di grandi cambiamenti, dove le sfarzose residenze nobiliari ospitavano un’aristocrazia in decadenza, ancora incapace di rinunciare a maggiordomi, valletti e dame di compagnia. Sentire la servitù pronunciare “milord” o “milady” per rivolgersi ai padroni di casa era la norma, così come i tanti rituali che rimarcavano in continuazione e in maniera netta le enormi differenze sociali, ormai così anacronistiche al giorno d’oggi, ma sempre tanto affascinanti in un’opera di fiction. Sotto l’argenteria da lucidare, le livree da stirare, le cene da preparare Fellowes voleva portare agli occhi dello spettatore non solo un mondo dove difendere determinati valori era motivo di vanto (in contrapposizione a una contemporaneità in cui sembra prevalere esclusivamente il semplice interesse materiale), ma anche i profondi cambiamenti imposti alla società dall’inesorabile incedere della storia. Il tutto condito con tanto humor inglese e con un modo di raccontare a metà tra una semplice soap opera in costume e una sofisticata rappresentazione teatrale. Nei primi minuti del film, però, Fellowes sembra stranamente indeciso su quale direzione prendere. Quasi impreparato a imbastire una trama che, per non confondere chi non abbia mai sentito parlare della serie, non rimandi di continuo a quanto già narrato in essa, e che debba necessariamente esaurirsi alla fine della pellicola (anche se la produzione non ha escluso un sequel, in caso di successo al botteghino), lo sceneggiatore inglese eccede un po’ troppo nel cercare di dare spazio a tutti i personaggi (che sono davvero tanti) o a inserire un numero eccessivo di sottotrame. Poi, però, prese le misure, e lasciati inevitabilmente sullo sfondo alcuni protagonisti, ecco che il film riacquista tutte le qualità dello show televisivo: la ricostruzione storica perfetta, la raffinatezza dei dialoghi, la miscela ben calibrata di dramma, commedia e mélo. Certo, qualcuno potrebbe ragionevolmente obiettare che la pellicola sembra in tutto e per tutto simile a uno degli episodi dello show in TV (e la scelta come regista di Michael Engler, che aveva già lavorato al Downton Abbey su piccolo schermo, non fa che confermare questa impressione), ma gli autori hanno giustamente preferito proseguire su una strada nota (e che, almeno, non avrebbe deluso i fan della serie) piuttosto che avventurarsi in percorsi narrativi un po’ azzardati e in virtuosismi registici fini a sé stessi. Inutile negare, però, che, seppur godibilissimo di per sé, per poter apprezzare appieno il film, sarebbe opportuno aver visto anche i capitoli precedenti. Senza questo fondamentale passaggio preliminare verrebbero perse non solo alcune sfumature del racconto, ma anche le ragioni dei comportamenti dei vari personaggi. Tra questi, dopo le incertezze iniziali, Fellowes decide saggiamente di puntare solo su quelli che sono rimasti nel cuore degli appassionati, a cominciare dalla Contessa Madre Violet della sempre strepitosa Maggie Smith, fino alla dolce cameriera Anna (Joanne Froggatt) e al burbero maggiordomo Carson (Jim Carter). Senza dimenticare, naturalmente, una new entry d’eccezione come Imelda Staunton. Lo sceneggiatore inglese, infine, ne approfitta anche per portare a conclusione alcune vicende che erano rimaste in sospeso al termine dell’ultima stagione, regalando ad alcuni protagonisti un lieto fine che, in precedenza, era stato loro negato. Una decisione apparentemente scontata, ma che, in realtà, rivela un’inaspettata complicità con il pubblico, sempre pronto a gioire assieme ai propri beniamini.