In una dimensione non meglio specificata, la giovane America Chavez (Xochitl Gomez) e lo Stephen Strange di un’altra realtà (Benedict Cumberbatch) cercano di sfuggire a un demone, deciso a impedire loro di entrare in possesso del Libro dei Vishanti. Durante lo scontro, lo Strange alternativo viene ucciso, mentre America riesce a rifugiarsi nel nostro universo grazie al suo potere di aprire portali tra le dimensioni.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2022
Genere: Azione, fantastico
Regista: Sam Raimi
Durata: 126 min
Attori: Benedict Cumberbatch, Elizabeth Olsen, Chiwetel Ejiofor, Benedict Wong, Xochitl Gomez, Michael Stuhlbarg, Rachel McAdams

Se qualcuno nutrisse dei dubbi sulle capacità di Sam Raimi di tener testa ai vertici dei Marvel Studios (o a quelli della stessa Disney) dopo aver visto questo film dovrà sicuramente ricredersi. Sia chiaro, la mano di Kevin Feige – strenuo difensore dei confini del Marvel Cinematic Universe – si nota ripetutamente. Ciononostante, lo stile del regista del Michigan rimane sempre riconoscibile e anche se meno presenti e non portati all’estremo come nelle sue opere d’esordio, le riprese in soggettiva, le inquadrature bizzarre e i veloci movimenti di macchina – che nel tempo sono diventati il suo marchio di fabbrica – uniti ad atmosfere più dark e a brevi, ma intensi passaggi horror, rendono il secondo capitolo del Dr. Strange un’autentica novità all’interno del MCU. Proprio per questo, la pellicola è, tra tutte le produzioni per il grande schermo della Casa delle Idee, l’unica dove l’impronta autoriale del suo regista si manifesta fin dal primo frame e con un’identità così forte, da far apparire la direzione di Kenneth Branagh in Thor o di Chloé Zhao in Eternals quasi due semplici lavori su commissione. Una valutazione che potremmo addirittura estendere anche a James Gunn e Taika Waititi, due filmmaker facilmente assimilabili al Marvel-style, eppure in qualche modo “costretti” da Feige e soci ad ammorbidire la loro anima indie. E per uno studio cinematografico che si è sempre vantato di non avere bisogno di grandi nomi dietro la macchina da presa, ma solo di registi promettenti (o sottovalutati) ansiosi di mettere in mostra le proprie capacità, questo non è sicuramente un cambio di strategia da sottovalutare. È pur vero, però, che Raimi ha rappresentato per i Marvel Studios una scelta quasi obbligata, dopo l’improvvisa rinuncia da parte di Scott Derrickson (che era stato il regista del primo Dr. Strange e avrebbe dovuto esserlo anche di questo sequel), a causa di divergenze creative legate al livello di “paurosità” del film (Derrickson voleva realizzare un vero horror movie, la produzione, invece, aveva in mente un’operazione tipo Gremlins o Stranger Things). Ma a prescindere da cosa l’abbia originata, la decisione di riportare il buon Sam a lavorare su un cinecomic, alla fine si è rivelata azzeccatissima, anche perché il cineasta americano ha dato prova di non aver particolarmente sofferto la lunga assenza dal set (per rivederlo nei credit di un film bisogna risalire fino al 2013, anno di uscita de Il grande e potente Oz). Raimi, come d’abitudine, mantiene ritmo e montaggio serratissimi per l’intera durata della pellicola, senza preoccuparsi troppo della mancanza di intermezzi più didascalici, tra cui quelli teoricamente necessari a chiarire la natura del Multiverso (le poche spiegazioni sembrano soprattutto una strizzatina d’occhio ai fan, piuttosto che un reale desiderio di fornire una teoria pseudo-scientifica a supporto delle immagini), permettendo così agli spettatori di godersi appieno il passaggio da una Terra alternativa all’altra, liberi da ogni potenziale grattacapo. Lo stesso dicasi per l’apparizione di varie controparti dei protagonisti, che viene gestita senza ricorrere a colpi di scena eccessivi, pur sapendo di rendere in questo modo la trama maggiormente prevedibile. D’altra parte, se c’è un appunto da fare al film, questo è proprio relativo alle scelte di sceneggiatura, che hanno lasciato parzialmente insoddisfatti chi pensava di vedere la conclusione delle vicende rimaste in sospeso nel finale del primo capitolo e un po’ disorientati coloro che non si aspettavano collegamenti tanto stretti con altre produzioni dei Marvel Studios (WandaVision su tutte). Pur condividendo in parte queste critiche, dobbiamo tuttavia ammettere che lo spiazzante plot wist riguardante Scarlet Witch ha una sua precisa ragion d’essere, oltre a dimostrarsi capace di far finire in secondo piano sia gli universi paralleli che lo strombazzatissimo esordio degli Illuminati (per quanto l’apparizione di alcuni personaggi tra le loro file farà sobbalzare sulla poltrona più di un appassionato). Oltretutto, Elizabeth Olsen si esibisce in un’interpretazione che spariglia le carte di continuo e che le permette di rubare la scena persino al protagonista, un comunque divertito Benedict Cumberbatch, che si mette diligentemente alla guida di un ottimo cast, dove, insieme a molte conferme (Benedict Wong, Chiwetel Ejiofor, Rachel McAdams) troviamo pure la sorprendente Xochitl Gomez (apparsa già a suo agio con le dinamiche del MCU, a dispetto della sua giovane età) e i, soliti, gustosissimi cameo (gli appena citati Illuminati, ma anche Martin Campbell – attore feticcio di Raimi – e un’attrice di cui non riveliamo il nome, che compare nella prima scena extra).
Doctor Strange nel Multiverso della follia sta andando molto bene al botteghino (a oggi ha incassato nel mondo quasi 950 milioni di dollari), tanto da essere, per il momento, il film più visto del 2022 (sebbene Top Gun: Maverick sembri destinato a superarlo) e da riuscire a distanziare in maniera netta The Batman. Segno che il brand Marvel riesce ancora ad attrarre parecchi spettatori al cinema e a garantire all’ex Stregone Supremo un seguito persino maggiore del ben più quotato Cavaliere Oscuro.
Noi vogliamo credere che sia anche merito di Raimi, ma sarà il risultato dell’imminente Thor: Love and Thunder a farcelo davvero capire.

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