Nazione: Stati Uniti
Anno: 2018
Episodi: 10
Genere: Fantascienza, thriller, azione,western
Creata da: Jonathan Nolan, Lisa Joy
Attori: Evan Rachel Wood, Thandie Newton, Jeffrey Wright, James Marsden, Tessa Thompson, Ingrid Bolsø Berdal
Voto Filmantropo:


 

 

 

Dopo aver ucciso Robert Ford (Anthony Hopkins), l’androide Dolores (Evan Rachel Wood) porta avanti la sua ribellione massacrando tutti gli ospiti umani di Westworld  sulla sua strada. Tra i sopravvissuti ci sono Bernard (Jeffrey Wright), di cui tutti ne ignorano la natura robotica, e Charlotte Hale (Tessa Thompson), fuggiti insieme alla ricerca dei soccorsi. E mentre Maeve (Thandie Newton) rinuncia a raggiungere il mondo reale per cercare sua figlia, William (Ed Harris) decide di proseguire il gioco che Ford ha appositamente creato per lui.

 

 

Forte di un cast impressionante (mai viste tante star del grande e del piccolo schermo tutte assieme in una serie televisiva), di un reparto creativo di prima classe (dove spicca Jonathan Nolan, ideatore dello show con la moglie Lisa Joy, e co-autore con il più noto fratello regista Christopher di diverse sceneggiature alla base di pellicole di successo come l’intera trilogia moderna di Batman, Memento, The Prestige e Interstellar) e di un produttore esecutivo come J.J. Abrams (affiancato dal fidato Bryan Burk), Westworld ha definitivamente trasportato la fiction televisiva in serie A. Già con True Detective e Big Little Lies (solo per citare i due esempi più eclatanti) l’emittente HBO aveva chiaramente fatto capire di voler fare sul serio. Ormai con avversari come Netflix e Amazon non c’era più tempo per pensare a chissà quali strategie di contenimento e le risorse a disposizione, arrivate in gran parte grazie al successo globale de Il Trono di Spade, sono state oculatamente reinvestite in nuove produzioni in cui la parola d’ordine è sempre stata la stessa: qualità. E’ proprio questo il termine che viene in mente alla fine di questa seconda stagione. Se già la prima aveva fatto subito intendere che lo show non sarebbe stato un semplice remake moderno dell’omonimo cult degli anni Settanta diretto da Michael Crichton (da noi è arrivato con il titolo Il mondo dei robot), questi nuovi episodi spingono ancora di più l’acceleratore su questioni che vanno ben aldilà della solita ribellione dei robot che prendono coscienza di sé (pur raccontata in maniera magistrale, in particolare le parti che coinvolgono Maeve, una meravigliosa Thandie Newton, protagonista di una delle scene più emozionanti del capitolo finale, quando riesce a liberarsi dai suoi carcerieri umani grazie all’aiuto di bisonti robotici). Anzi, la trama di fondo è apparsa da subito quasi un pretesto per affrontare tematiche ben più importanti: il libero arbitrio nell’era digitale, l’inestinguibile desiderio dell’uomo di ottenere la vita eterna, le infinite possibilità della scienza, il labile confine che separa alienazione e follia. Il tutto all’interno di un action a metà tra il western e la fantascienza che, come nella migliore tradizione dei Nolan Bros., segue percorsi tortuosi e asimmetrici, in un miscuglio di linee temporali diverse (che si intrecciano non solo all’interno della storia principale, ma anche nei continui rimandi al passato e al futuro dei protagonisti) utili solo a confondere, volutamente, spettatori più che contenti di provare a trovare un senso in quello che vedono, prima che tutti i fili narrativi vengano riannodati nel finale. Impresa ancora più difficile in questa seconda stagione, dove, dopo gli eventi inaspettati dell’ultimo episodio della prima, si pensava che gli enigmi e i colpi di scena non potessero più trovare spazio. E invece i coniugi Nolan sono riusciti a sorprenderci di nuovo, disseminando nelle ultime scene ulteriori rompicapi per le stagioni a venire (la sequenza post titoli di coda dell’episodio finale sembra suggerire che quello che pensavamo di William sia da rivedere completamente. Inoltre, chi è realmente Ashley Stubbs?). Certo non tutto funziona, alcuni passaggi sono un po’ troppo prolissi (su tutti la storia dell’indiano Akecheta, a dir poco noiosa) o superflui (le lunghe sequenze che ci hanno mostrato il parco dedicato al Giappone dei samurai sono sembrate poco funzionali alla storia principale), i vari intrecci narrativi a volte faticano a incastrarsi tra di loro, e i dialoghi tra i vari personaggi, soprattutto quelli tra persone “reali” (agli androidi possiamo anche concedere che debbano necessariamente parlare secondo una “sceneggiatura” già definita), spesso risultano un po’ impostati. Ma stiamo parlando di piccoli dettagli, all’interno di un quadro più generale dove i molti pregi della trama vengono ulteriormente esaltati da tanti interpreti di eccezione: abbiamo già detto di Thandie Newton, ma come non citare, sicuri di dimenticarne parecchi, almeno Peter Mullan, Evan Rachel Wood, Jeffrey Wright, James Marsden. E questo senza avere ancora menzionato i veri pesi massimi: con un escamotage narrativo solo in apparenza banale, ma in realtà perfettamente logico e funzionale alla trama, il personaggio di Robert Ford trova un nuovo ruolo all’interno della serie, permettendoci di godere ancora una volta dell’arte recitativa di Sir Anthony Hopkins. E che dire, infine, di Ed Harris? L’Uomo in Nero (evidente reinterpretazione del personaggio portato sullo schermo da Yul Brynner nel succitato film di Crichton) avrebbe perso gran parte del suo fascino malvagio se l’interprete fosse stato diverso. Sfruttando al massimo l’espressività dei suoi occhi di ghiaccio (ulteriormente esaltata dalle profonde rughe che ne scavano il viso), l’attore originario del New Jersey costruisce una figura tormentata, ambigua, sopraffatta da fantasmi interiori che ormai gli impediscono di distinguere tra realtà e finzione. Un personaggio che, siamo sicuri, sarà ancora tra i protagonisti delle prossime stagioni, le quali, spezzato ormai quasi definitivamente il legame con il Westworld originale, si preannunciano ancora più sorprendenti e affascinanti.

 

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