Nazione: Stati Uniti
Anno: 2018
Episodi: 10
Genere: Drammatico, poliziesco
Creata da: Caleb Carr
Attori: Daniel Brühl, Luke Evans, Dakota Fanning, Robert Wisdom, Douglas Smith
Voto Filmantropo:


 

 

Nella New York del 1896, alcuni terribili delitti scuotono l’opinione pubblica. Il neo-commissario Theodore Roosevelt (Brian Geraghty), consapevole della corruzione all’interno del suo dipartimento, decide di affidare le indagini a un team di persone fidate, capeggiato dall’alienista Laszlo Kreizler (Daniel Brühl).

 

 

Probabilmente non sapremo mai come sarebbe stato questo The Alienist se a dirigerlo fosse stato Cary Fukunaga. Nei piani originali dell’emittente TNT (che ha prodotto e trasmesso la serie negli USA), infatti, era previsto che dietro la macchina da presa ci dovesse essere proprio l’acclamato regista della prima stagione di True Detective. Fukunaga, però, già impegnato in altri lavori, ha deciso di ritagliare per sé la semplice posizione di produttore esecutivo, lasciando che a dirigere gli episodi fosse un team di registi alquanto eterogeneo. Forse il risultato finale non sarebbe stato molto diverso, anche perché molti dei difetti dello show sono probabilmente da attribuire più a mancanze della sceneggiatura che alla regia. Comunque sia, non nascondiamo che la serie abbia in parte deluso le nostre aspettative. Se, infatti, è bene non dimenticare alcune interpretazioni degne di nota, a partire da quella di Daniel Brühl, nelle vesti dell’alienista del titolo (che, come ci viene spiegato all’inizio di ogni episodio, era il nome che veniva dato agli psicologi dell’epoca) oltre che sottolineare l’ottimo lavoro di scenografi e costumisti, abilissimi nel ricreare la New York di fine Ottocento, non è, d’altronde, possibile far passare in secondo piano i non pochi difetti della serie, particolarmente evidenti, come già detto, nella sceneggiatura, che, probabilmente penalizzata dalle troppe mani che vi hanno contribuito (a partire dallo stesso Fukunaga, mal supportato da parecchi altri autori), appare spesso confusa e incoerente. Meglio sarebbe stato sfruttare il talento di Eric Roth (sceneggiatore premio Oscar per Forrest Gump, ma anche autore degli script di Munich e The Insider), che, accreditato anche lui come produttore esecutivo, non risulta aver contribuito in maniera reale a neppure uno dei dieci episodi che compongono la serie. E così, diverse trame, apparentemente importanti per lo sviluppo della storia, vengono interrotte bruscamente e senza logica (l’esempio più eclatante è rappresentato dal personaggio dai denti argentati), inoltre alcuni membri del cast di contorno sono sembrati più parte della scenografia, che protagonisti attivi della vicenda (il magnate J.P. Morgan, per esempio, impersonato da un quasi irriconoscibile Michael Ironside, avrebbe senz’altro meritato uno spazio maggiore). Lo stesso Theodore Roosevelt (un opaco Brian Geraghty), futuro presidente degli Stati Uniti, viene dipinto come un timido funzionario fedele ai propri principi, spesso inerme di fronte alla corruzione dilagante, e non come l’uomo fiero passato alla storia per le sue imprese di guerra e per le sue spregiudicate decisioni politiche, che, di sicuro, non avrebbe sfigurato in una parte più dinamica all’interno del team investigativo da lui stesso creato. Stesso discorso, anche se in misura minore, per il personaggio di Sara Howard: sebbene ci faccia piacere il ritorno sulle scene dell’ex bambina prodigio Dakota Fanning, il tentativo degli autori di mostrare il desiderio delle donne di affermarsi in una società maschilista, come quella americana di fine Ottocento, cercando di seguire l’esempio dei diversi movimenti a favore dell’emancipazione femminile, che stavano nascendo in altre parti del mondo, avrebbe sicuramente meritato un approfondimento maggiore. Il rammarico aumenta anche solo pensando alla capacità evidenziata dalla produzione di rappresentare, senza inutili stereotipi, le difficili condizioni di vita delle classi meno abbienti (in gran parte costituite da immigrati) e il reale potere della società capitalista dell’epoca, dove, chi disponeva di ingenti somme di denaro, formava una sorta di comunità a parte, libera di agire a proprio piacimento, quasi indifferente a leggi e regole di ogni tipo.

Vale, quindi, la pena vedere The Alienist? Se siete alla ricerca di un thriller mozzafiato, con colpi di scena a non finire, sicuramente no. Se, invece, vi interessa semplicemente respirare l’atmosfera di un’America in procinto di intraprendere quel percorso che l’avrebbe resa la grande potenza che conosciamo e rivivere alcuni momenti che hanno segnato la nascita delle tecniche investigative moderne (il passaggio relativo allo scoperta dell’importanza delle impronte digitali è uno dei più riusciti dello show) allora la serie potrebbe anche piacervi. La sensazione, però, che The Alienist rappresenti la classica occasione sprecata rimane, comunque, molto forte.

 

 

 

 

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