Nella San Fernando Valley del 1973, durante le foto per l’annuario della scuola, il quindicenne Gary Valentine (Cooper Hoffman) incontra la venticinquenne Alana Kane (Alana Haim). Nonostante la differenza di età, i due cominciano a frequentarsi, ma l’evidente sintonia che all’inizio Alana scambia per semplice amicizia, lentamente si trasforma in un sentimento più profondo.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2022
Genere: Commedia, drammatico
Regista: Paul Thomas Anderson
Durata: 133 min
Attori: Alana Haim, Cooper Hoffman, Sean Penn, Tom Waits, Bradley Cooper, Benny Safdie, Maya Rudolph

La commedia romantica più bella di questo inizio 2022? La storia d’amore che – siamo pronti a scommetterci – rimarrà a lungo nel vostro cuore? Sicuramente quella tra Alana e Gary, i due splendidi protagonisti di Licorice Pizza, l’ultimo, bellissimo film di Paul Thomas Anderson. Esageriamo? Forse, ma per quanto atipica, controversa e disfunzionale – come d’abitudine per il suo autore – la vicenda raccontata nella pellicola è di una vitalità così trascinante che finirà per entusiasmare anche il più cinico tra gli spettatori. Eppure, etichettare Licorice Pizza come semplice storia d’amore potrebbe apparire persino riduttivo. Sia chiaro, il trasporto con cui il regista californiano descrive i sentimenti dei due giovani non è mai fasullo, né un mero espediente per ingraziarsi il pubblico. Tuttavia, come nelle sue opere precedenti, Anderson non si accontenta di girare attorno alla trama principale, ma elabora un soggetto a più strati, che, nonostante l’accavallarsi degli eventi, riesce ad arrivare fino in fondo senza impantanarsi in divagazioni eccessive. Oltretutto, quello che all’inizio appare come un semplice richiamo nostalgico degli anni Settanta, si trasforma presto in una vera e propria celebrazione, già a partire dal titolo del film (Licorice Pizza è il nome di una catena di negozi di dischi, all’epoca molto popolare in America) per poi continuare con l’esaltazione dell’idealismo, dell’intraprendenza e – perché no? – della spensierata incoscienza dei ragazzi di allora, un periodo che, sebbene Anderson, per ragioni puramente anagrafiche (è nato nel 1970), non possa dire di avere realmente vissuto, diventa presto la vera anima della pellicola. In più, sottolineando le contraddizioni che in quegli anni affliggevano la società statunitense (si veda per esempio il lungo intermezzo dedicato a Joel Wachs, che nel 1973 provò davvero a diventare sindaco di Los Angeles), il regista ne approfitta anche per puntare il dito sulle disparità che tuttora persistono in America. Ma proprio la capacità di dare il giusto risalto a tutti i temi che gradualmente emergono nella narrazione, senza renderli predominanti rispetto alla storia di Alana e Gary, è il segno più evidente della grandezza del lavoro di Anderson, che trova un ulteriore riscontro nell’armonia che caratterizza la complessa architettura del film, la quale viene così alleggerita, da lasciare nello spettatore l’impressione di aver effettivamente assistito solo a una semplice storia d’amore. Una sensazione che rimane tale anche quando questa procede in maniera tutt’altro che lineare, venendo spezzettata in tanti piccoli avvenimenti, che sebbene all’apparenza poco significativi, in realtà, si rivelano necessari per descrivere con efficacia e sincerità la quotidianità delle persone comuni, il tortuoso processo di maturazione degli adolescenti o le ansie e i turbamenti che accompagnano gli amori giovanili. Cionondimeno, Anderson rifiuta di appiattirsi in un romanticismo di maniera e per evitare di scivolare in un sentimentalismo un po’ stucchevole, decide saggiamente di lasciare ampio spazio all’ironia, sia attraverso il continuo avvicendarsi di personaggi alquanto stralunati, sia alternando situazioni ordinarie ad altre decisamente eccentriche o giocosamente folli, senza disdegnare neppure momenti di divertimento un po’ scomposto in puro Tarantino style, a cui si prestano volentieri due spudorati esibizionisti come Sean Penn e Bradley Cooper. Il tutto, però, non rinunciando mai alla raffinatezza della sua regia, costantemente visibile non solo nella ricercatezza delle inquadrature o nell’espressività dei primi piani, ma anche nei movimenti poco convenzionali della macchina da presa o nei colori vintage della fotografia. In più, come se questo non fosse già sufficiente a rendere Licorice Pizza una delle sue opere più riuscite, Anderson dipinge personaggi realmente tridimensionali, che si esprimono attraverso dialoghi vivaci e brillanti, che ne potenziano l’energia e l’esuberanza. Tante qualità che oltre al plauso della critica (sempre adorante nei confronti del regista californiano) garantiranno al film anche i favori del pubblico. Un risultato non così scontato e di sicuro non raggiunto né con il formalmente impeccabile, ma narrativamente pesante The Master né con pellicole eccessivamente simboliche – sebbene artisticamente notevoli – come Il petroliere e Il filo nascosto.

Inutile negare, tuttavia, che il nostro giudizio avrebbe potuto essere diverso se a vestire i panni dei due protagonisti non ci fossero stati gli straordinari Alana Haim e Cooper Hoffman, qui – per quanto difficile a credersi – al loro esordio sul grande schermo. La Haim proviene dal mondo della musica, essendo, assieme alle sue due sorelle maggiori Este e Danielle (anch’esse nel film, proprio come sorelle di Alana), parte dell’omonima rock band, di cui Anderson ha diretto vari videoclip. Il buon Cooper, invece, è il figlio del compianto Philip Seymour Hoffman (uno degli attori feticcio del regista californiano), da cui pare avere veramente ereditato i geni della recitazione. Entrambi lontani dai canoni di bellezza hollywoodiani, sono però perfetti nel far trasparire le insicurezze di chi si sta affacciando all’età adulta o lo smarrimento di coloro che temono di essere già in ritardo con il treno della vita. Sono soprattutto la spontaneità nei loro volti e l’estrema naturalezza con cui catturano l’essenza dei loro personaggi a restare impressi, nonostante l’importante contributo dello stesso Anderson, che riesce ancora una volta a far sì che tra cast e troupe si crei quella familiarità e quella complicità, che nel suo cinema si sono sempre dimostrati fondamentali per arrivare a un grande film. E Licorice Pizza – credeteci – grande lo è davvero.

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