Miles Halter (Charlie Plummer), un timido adolescente appassionato delle ultime parole pronunciate dai personaggi famosi, decide di allontanarsi dal confortevole ambiente familiare, per andare a studiare alla scuola di Culver Creek e tentare così di capire cosa fare della propria vita. Lì entrerà subito in confidenza con il compagno di stanza Chip Martin (Denny Love) e con la migliora amica di lui, l’incontenibile Alaska Young (Kristine Frøset), di cui si innamorerà a prima vista.

Nazione: Stati Uniti
Anno: 2019
Episodi: 8
Piattaforma: Sky Atlantic
Genere: Drammatico
Ideatore: Josh Schwartz
Attori:
 Charlie Plummer, Kristine Froseth, Sofia Vassilieva, Denny Love

Nonostante la clausura imposta dal Covid-19, le smisurate dimensioni dell’offerta televisiva attuale, potrebbero portare il pubblico a trascurare alcune opere apparentemente secondarie, la cui unica colpa, in verità, è solo quella di avere un cast senza nomi altisonanti, e di non poter godere, per questo motivo, di un adeguato battage pubblicitario. Cercando Alaska è una di queste e proprio l’assenza di star di un certo livello deve aver determinato il ritardo con cui Sky ha deciso di fare arrivare lo show sui nostri schermi (negli USA è andato in onda a ottobre dell’anno scorso). Prodotta dalla piattaforma online Hulu (che, recentemente, è entrata a far parte dell’impero Disney), la serie, a prima vista, potrebbe sembrare l’ennesimo teen drama, tutto giocato su amori tra liceali e poco altro. Tuttavia, è sufficiente il tempo necessario a conoscere i giovani, strepitosi, protagonisti, per capire che l’adattamento televisivo, che Josh Schwartz (già ideatore della hit The O.C., di ambientazione simile) ha ricavato dall’omonimo bestseller di John Green, è, in realtà, molto di più. Certo, ci sono gli scherzi goliardici tra gruppi rivali, i primi impacciati approcci romantici tra compagni di corso, i balli scolastici e tanti altri cliché adolescenziali (compresa la maniera un po’ macchiettistica di dipingere gli adulti), ma questi sono tutti elementi che, alla fine, fanno solo da cornice a tematiche di ben altro spessore. La sceneggiatura, infatti, è perfettamente calibrata per mantenere la vicenda in equilibrio su più livelli, facendo in modo che leggerezza e impegno possano convivere senza problemi. Così facendo si garantisce alla serie di raggiungere un’audience ampia e variegata e, soprattutto, di non annacquare il messaggio di fondo del romanzo di Green, tutto incentrato sulla difficoltà dei giovani a trovare il proprio posto nel mondo (il “Grande Forse” di Rabelais, evocato più volte nel corso degli episodi). Non è un caso, quindi, che la serie non sia esente da alcuni passaggi drammatici, così come appare piuttosto inevitabile che il vero protagonista della storia sia l’impacciato Miles Halter, la cui lenta maturazione, che lo porterà a uscire dal guscio in cui è rimasto fino all’arrivo a Culver Creek, diventa uno degli argomenti centrali dell’opera. Un tema sicuramente non nuovo, ma affrontato in maniera molto accattivante e privo delle banalizzazioni che solitamente accompagnano serie di questo tipo (si pensi, per esempio, alla recente Summertime di Netflix, già finita nel dimenticatoio) o delle atmosfere patinate di tante produzioni americane degli anni Novanta (Beverly Hills 90210 in primis). Come accennato all’inizio, tuttavia, sono i giovani attori scelti per il cast la vera anima della serie. È singolare, però, che, tolto Charlie Plummer (che interpreta Miles), il quale può già vantare un Premio Mastroianni come miglior attore emergente, ottenuto a Venezia nel 2017, tutti gli altri siano alla loro vera prima prova di un certo livello, essendo apparsi finora solo in ruoli secondari di scarso interesse. Plummer, tra l’altro, è costretto a recitare in maniera dimessa per gran parte degli episodi, al fine di poter rappresentare nel miglior modo possibile il carattere introverso, l’insicurezza e la goffaggine di Miles. Ma, proprio per questo, il suo personaggio risulta anche il meno spontaneo, quello più “di maniera”. Niente a che vedere con il carismatico Chip Martin di Denny Love, autentico trascinatore del gruppo. Per nulla intimorito dagli atteggiamenti irrisori dei “settimana breve” (i ragazzi più ricchi della scuola, così chiamati perché possono trascorrere il weekend a casa), il “Colonnello” (soprannome conquistato dal ragazzo per l’ingegno dimostrato nel mettere a punto scherzi particolarmente elaborati) dimostra sempre una notevole arguzia e il suo modo di agire nasconde spesso forti motivazioni, derivanti dalla sua problematica situazione familiare. Facile rimanere attratti da una personalità così forte, anche se, a volte, risulta complicato per gli spettatori scegliere tra lui e l’esuberante Alaska Young (colei che dà il titolo a romanzo e serie), un personaggio ancora più affascinante (non solo per la sua bellezza esteriore) che, in un modo o nell’altro, determina tutti i passaggi significativi della storia. A interpretarla è Kristine Frøset, una giovane attrice di origini norvegesi, bravissima a rendere credibile gli eccessi di vitalità di Alaska, di frequente necessari per tenere a bada i suoi tormenti interiori.

Alla fine, è probabile che qualcuno possa avvertire anche l’eco distante de l’Attimo fuggente, sebbene a farla da padrona sarà la prevedibile immedesimazione in alcuni dei protagonisti, con tanto di inevitabile nostalgia per un periodo tribolato come l’adolescenza che ognuno di noi, ormai, percepisce sempre più lontano.

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