Nazione: Stati Uniti
Anno: 2018
Episodi: 10
Piattaforma: Amazon Prime
Genere: Commedia, drammatico, storico
Creata da: Amy Sherman-Palladino
Attori: Rachel Brosnahan, Michael Zegen, Alex Borstein, Tony Shalhoub, Marin Hinkle
Voto Filmantropo:

Midge (Rachel Brosnahan) accompagna suo padre Abe (Tony Shalhoub) a Parigi, nel tentativo di convincere la madre Rose (Marin Hinkle), trasferitasi nella capitale francese per fuggire dalla noiosa routine newyorkese, a tornare a casa. Nel frattempo, Susie (Alex Borstein) viene presa di mira da alcuni teppisti, assoldati dal manager di Sophie Lennon (Jane Lynch), ancora offesa per essere stata presa in giro da Midge.

Esiste un’epoca più celebrata e rimpianta dal popolo americano degli anni Cinquanta del secolo scorso? Sicuramente no. Gli Stati Uniti erano usciti vincitori dalla Seconda Guerra Mondiale, si stavano definitivamente affermando come la prima potenza mondiale e lo stile di vita nelle sue metropoli stava diventando un modello per tutto l’Occidente. Erano gli anni in cui le grandi città come New York ostentavano sfacciatamente il diffuso ottimismo di una generazione che vedeva il sogno americano alla portata di tutti. Era iniziata la Guerra Fredda, è vero, ma gran parte del popolo statunitense conduceva una vita frivola e spensierata, a cui il cinema hollywoodiano rispondeva con una raffica di commedie brillanti e di musical, due generi che inneggiavano alla voglia di vivere, mostrando, così, di saper interpretare al meglio i sentimenti degli americani. Sfondo di molte di queste pellicole erano i grandi magazzini, il luogo che più di tutti rappresentava l’euforia che si respirava all’epoca. Guardando con tanta nostalgia a quegli anni irripetibili, la seconda stagione di quella che ormai non è più semplicemente una serie rivelazione, ma piuttosto una delle stelle più luminose del firmamento di Amazon, si apre con un bellissimo piano sequenza ambientato proprio in uno dei grandi magazzini di New York. Ed è lì, con un evidente omaggio a quella Hollywood degli anni d’oro, che ritroviamo la nostra Midge, una Rachel Brosnahan per la quale, ormai, non esiste più un aggettivo che possa descriverla fino in fondo. A dir poco strepitosa quando si presenta sul palcoscenico, riesce a trasformarsi nella tipica newyorkese della middle-class degli anni Cinquanta con una naturalezza disarmante, tanto che il secondo Golden Globe consecutivo, conquistato a gennaio per questo ruolo, è apparso a molti quasi una naturale conseguenza del suo incredibile talento. La Brosnahan, però, è solo il membro più splendente di un cast dimostratosi superbo già nella prima stagione, dove la conferma più importante arriva da Tony Shalhoub: sempre più a suo agio nelle vesti del padre della protagonista, è l’artefice di quasi tutti i momenti più divertenti della serie, pur se aiutato, nei primi episodi, da una sorprendente Marin Hinkle, le cui doti recitative nella scorsa stagione erano state parzialmente soffocate dai rigidi cliché imposti al suo personaggio (un’impressione confermata anche in questi nuovi episodi, quando, alla fine della trasferta parigina, l’azione si sposta nuovamente a New York). La sequenza in terra francese, tra l’altro, che avrebbe sicuramente meritato uno spazio maggiore, è senza dubbio un ulteriore messaggio d’amore degli autori verso i classici hollywoodiani. Un messaggio ben presente anche in tutti gli episodi successivi, dove la mitizzazione degli anni Cinquanta prosegue prima quando tutta la famiglia si sposta fuori città per le inevitabili vacanze estive al lago e poi con una rappresentazione, anche fin troppo agiografica, del fulgore artistico-culturale di quegli anni: frequentare i locali giusti voleva dire avere la possibilità di imbattersi negli scrittori della Beat Generation, o in parecchi pittori all’avanguardia, senza, naturalmente, dimenticare i comici impegnati a farsi strada verso la celebrità (tra cui, ancora una volta, il leggendario Lenny Bruce). Neppure la politica viene trascurata, anche se, visti i toni da commedia dello show, il tutto viene ridotto a una rappresentazione parodistica della paranoia verso il pericolo comunista e dell’eccessivo potere dei servizi segreti (irresistibile la scena in cui Abe viene sottoposto a un interrogatorio da parte di quelli che considerava semplici datori di lavoro e che, invece, si rivelano agenti speciali del governo). Una menzione la meritano anche Michael Zegen, che dipinge un Joel non più sopraffatto dalla frustrazione, ma consapevole delle sue capacità e, naturalmente, Alex Borstein, perfetta spalla della protagonista.

Ma, squadra di attori a parte, non possiamo chiudere senza citare Amy Sherman-Palladino, la vera mente dietro questa serie straordinaria, non solo come creatrice e produttrice, ma anche come regista e soprattutto autrice della spumeggiante sceneggiatura (a cui ha contribuito, tra gli altri, anche il marito Daniel). Rachel Brosnahan è bravissima, ma quanto perderebbe il suo personaggio senza i meravigliosi dialoghi della nostra Amy?

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