Nazione: Stati Uniti
Anno: 2018
Episodi: 8
Genere: Drammatico, thriller
Creata da: Simon Maxwell, Matthew Parkhill
Attori: Mark Strong, Joe Dempsie, Karima Adebibe
Voto Filmantropo:


 

 

Max Easton (Mark Strong) è un ex agente dei servizi segreti britannici, costretto a tornare in azione per vendicare la morte del figlio Harry (Joe Dempsie), a sua volta impegnato in una difficile missione in Medio Oriente per conto del MI6. Ben presto, però, Max scopre di essere solo una pedina all’interno di un intrigo che va aldilà della semplice guerra di spie.

 

 

Il thriller spionistico è sempre stato un filone narrativo particolarmente apprezzato dagli spettatori. Senza scomodare il sempreverde James Bond, due recenti successi del piccolo schermo come The Americans e Homeland sono la diretta testimonianza di quanto gli intrighi dei servizi segreti riescano ancora a far presa sul pubblico. Non sorprende, quindi, che la Fox abbia deciso di utilizzare lo stesso tema per la sua prima serie televisiva prodotta in Europa. Il problema è che con Deep State la società californiana sembra aver cercato di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo (operazione, a quanto pare, riuscita: gli ascolti dello show hanno già convinto la Fox a mettere in cantiere una nuova stagione). Arruolati gli sconosciuti Matthew Parkhill e Simon Maxwell come showrunner (il primo è anche regista di metà degli episodi), due autori di cui è veramente difficile trovare qualche opera precedente degna di essere menzionata, e un buon cast di attori, su cui spicca il bravo Mark Strong, la serie vuole essere un’aperta denuncia verso l’enorme potere esercitato dalle grandi società sulle decisioni politiche dei governi occidentali, spesso aiutati da servizi segreti deviati. Purtroppo, però, per quanto l’impeccabile Mark Strong si sforzi a risultare credibile nelle vesti dell’agente MI6 Max Easton, l’evidente indecisione degli sceneggiatori a scegliere una direzione precisa per lo show (action puro alla Mission Impossible o raffinato intrigo spionistico stile La talpa?), rendono il suo personaggio una strano ibrido tra il solito agente segreto super-eroe e una più verosimile spia impegnata a risolvere con intelligenza il complotto di cui è caduta vittima. Sicuramente meglio caratterizzati gli altri protagonisti della serie (su tutti Joe Dempsie, Anastasia Griffith e Alistair Petrie), che hanno potuto contare su ruoli ben più definiti all’interno della trama. Ma, oltre a una regia spesso inadeguata e incapace di coinvolgere veramente lo spettatore (particolarmente evidente nelle scene di azione), è proprio l’intreccio narrativo a mostrare le pecche principali, a causa di un utilizzo indiscriminato di argomenti e situazioni (stravisti in opere di ben altra caratura), che, per non risultare scontati, avrebbero necessitato di uno sforzo di originalità non indifferente da parte degli autori. In Deep State non c’è nulla di tutto questo, e certamente, mostrare per l’ennesima volta il cinico carrierismo di politici e funzionari governativi, o l’insensibilità verso le vittime delle proprie azioni da parte delle varie agenzie di Intelligence, non aiuta ad alzare la qualità della serie. Non parliamo, poi, del modo convenzionale con cui viene portato avanti l’argomento centrale dello show: esemplare, a questo proposito, una delle scene finali, dove compare un ridicolo consesso di capi azienda intenti a decidere il prossimo paese da far diventare vittima delle loro oscure trame. Non che i loschi intrecci tra affari e politica siano solo il frutto dell’immaginazione di pochi irriducibili paranoici (i legami tra alcuni esponenti del governo di Bush Jr e diverse multinazionali, che hanno lucrato sulla guerra in Iraq, ne sono una triste testimonianza), ma svilire un tema così complesso in una maniera tanto banale non è più perdonabile nell’attuale panorama televisivo, ormai capace di offrire opere che, pur con tutti i limiti di una fiction, sono capaci di far riflettere lo spettatore in maniera senz’altro più critica e intelligente.

 

 

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