Nazione: Stati Uniti, Brasile, Cina
Anno: 2019
Durata: 124 min
Genere: Fantascienza, avventura
Regia: James Gray
Attori: Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, Liv Tyler, Donald Sutherland, John Ortiz
Voto Filmantropo:

In seguito all’arrivo sulla Terra di misteriose scosse energetiche, provenienti da Nettuno, potenzialmente letali per l’intera umanità, Roy McBride (Brad Pitt) viene inviato in missione su Marte, per fare luce sull’accaduto. Con sua grande sorpresa apprende che il responsabile di tutto potrebbe essere suo padre Clifford (Tommy Lee Jones), scomparso anni prima nello spazio, al seguito del Progetto Lima, un’istituzione nata con il compito di trovare la vita su altri pianeti

Dramma esistenziale a sfondo fantascientifico o semplice, malriuscito, omaggio a 2001: Odissea nello spazio (con una spruzzatina di Apocalypse Now)? Difficile rispondere: trovare un significato al nuovo film di James Gray è un’impresa che sembra essere riuscita solo a critici capaci di intravedere qualcosa che a noi è francamente sfuggita. E dire che l’inizio ci era parso persino promettente, con un Brad Pitt penzolante da una gigantesca antenna in avaria, costruita per captare segnali da civiltà extraterrestri, che faceva presagire chissà quali sviluppi. Magari anche solo un disaster movie con tanto di ambientazione spaziale, e forti richiami a Gravity, il film di Alfonso Cuarón del 2013, che viene più volte citato nel corso della pellicola. E invece ecco che, dopo pochi minuti, il regista newyorkese decide di prendere una strada del tutto diversa: non volendosi, evidentemente, accontentare di realizzare un semplice action fantascientifico, Gray comincia gradualmente a intensificare i passaggi più intimisti, fino a rendere lo sviluppo degli eventi così lento, da spingere il pubblico a interrogarsi sul perché imbastire la trama su una missione ai confini del Sistema Solare, per poi dedicare parecchie sequenze esclusivamente ai tormenti interiori del protagonista. A confondere ancora di più il malcapitato spettatore è anche l’utilizzo apparentemente illogico di scene maggiormente ricche d’azione, che non portano a nulla, se non a un momentaneo recupero di vivacità della narrazione, che spesso sprofonda in uno stato comatoso a causa dei soporiferi pensieri dell’astronauta Brad Pitt (un vezzo alla Terrence Malick di cui avremmo fatto volentieri a meno). Qual è, altrimenti, la ragione per decidere di introdurre diversi spunti interessanti come i pirati sulla Luna o i babbuini assassini, se alla fine questi vengono rapidamente abbandonati senza uno straccio di spiegazione? Senza dimenticare tutti i personaggi di cui facciamo veramente fatica a capire il significato: c’era bisogno di scritturare Liv Tyler, per interpretare la moglie del protagonista, se, lungo tutta la durata del film, questa compare a malapena per cinque minuti? E Donald Sutherland? Qualcuno è in grado di dare un senso all’ingresso del suo personaggio nella vicenda o, ancora di più, alla sua improvvisa e repentina dipartita? Aggiungiamo pure che, per niente pago, Gray, nelle ultime scene, arriva persino a mostrarci il povero Brad Pitt in versione MacGyver, che riesce a escogitare un inverosimile sistema per passare indenne attraverso gli anelli di Nettuno, neanche fosse un membro degli Avengers.

Tutto da buttare, quindi? No, Gray dimostra di saperci fare con la macchina da presa, soprattutto nelle scene spaziali, molto suggestive. Ma è troppo poco: che il regista newyorkese fosse un autore di talento, lo sapevamo già dalle sue opere precedenti (non solo Little Odessa e Two Lovers, le nostre preferite, ma anche la recente, e sottovalutata, Civiltà perduta), quindi utilizzare scenari finora assenti nella sua filmografia, avrebbe dovuto funzionare da stimolo per spingerlo a realizzare qualcosa di meglio, non questo deludente ibrido che ci riesce anche difficile inserire in un genere cinematografico di riferimento. Un brutto passo falso, insomma, che speriamo resti anche l’unico della sua carriera. 

Da salvare il cast: fugace apparizione di Liv Tyler a parte (giusto per usare un eufemismo!), vedere recitare solidi professionisti come, il già citato, Donald Sutherland e Tommy Lee Jones, sebbene lo spazio a loro dedicato sia troppo breve, ripaga parzialmente lo spettatore per tutte le altre mancanze. Per Brad Pitt, invece, che, di fatto, porta il peso dell’intero film sulle sue spalle, possiamo dire soltanto che svolge la sua parte in maniera diligente, senza particolari exploit, ma anche senza evidenti cadute di tono. L’indirizzo dato da Gray al film, d’altronde, non poteva permettergli di esibire niente di più. Ai suoi fan consigliamo caldamente di andare a vederlo nel ben più meritevole C’era una volta a…Hollywood, anch’esso al cinema in questi giorni. Non sarà il miglior Tarantino di sempre, ma almeno eviterete di sbadigliare in sala.

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